Sa Jara Manna, due anni (e mezzo) dopo · 2015
martedì, 15 Dicembre 2015 alle 7:00
Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras.
A raccontare la Giara si corre sempre il rischio di cadere nel retorico banale delle descrizioni da guida turistica, ma certo è difficile restare indifferenti al suo fascino e riuscire a trasmettere le sensazioni vissute.
Vista da Gonnosnò la giara è un bastione naturale da scalare con pazienza e regolarità lungo i tornanti che attraversano Costa Linus fino alla sommità dell’altopiano. La giara per accoglierci ha indossato i colori dell’autunno e mette in mostra per noi i gioielli del suo passato, in agro di Genoni: Corona Arrubia e l’insediamento di Bruncu Suergiu.
Proseguiamo il nostro giro attraversando le località di Serra Landiri e Perda Maiale lasciandoci a sinistra il colle di Zeppara Manna (580 metri) per dirigerci verso il versante sud-orientale dell’altopiano, in territorio di Gesturi, dove sorge il protonuraghe di Bruncu Maduli (o Madugui, secondo alcune carte).
Da qui comincia il viaggio di ritorno; ripercorriamo gli stradelli dell’andata di buon passo concedendoci una breve digressione per affacciarci sulle rive di “Pauli s’Ala de Mengianu”, una delle tante paludi che le piogge invernali alimentano e che dissetano la fauna durante l’estate.
E a proposito di fauna non sono mancati gli incontri ravvicinati con i famosi cavallini e nemmeno con altri animali appartenenti ad aziende insediate sull’altopiano e che con essi condividono l’ambiente e le risorse:
È difficile restare indifferenti al fascino della Giara, la vivi per poche ore, finisce che te ne innamori e non vedi l’ora di tornarci.
Con Gina, Giulia, Ivan, Sandro e Nicola
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