Giorgio Perdisci e Luigi Perdixi
domenica, 10 Agosto 2008 alle 1:40
Direttamente dal racconto di Paolo Vanacore
I fratelli Giorgio Perdisci e Luigi Perdixi (paradossalmente di cognome diverso, per via di un errore nella registrazione all’anagrafe al momento della nascita), un binomio che ha dato tanto allo sport oristanese. Ciascuno a proprio modo, infatti, è stato partecipe dell’attività sportiva di coloro che, dagli anni ’50 in poi, hanno calcato i campi sportivi della città e della provincia.
Giorgio Perdisci
Nato a Oristano nel 1924 è stato un dirigente sportivo nel vero senso della parola. Oristanese D.O.C., aveva iniziato giovanissimo, nel 1948, assumendo le funzioni di Segretario dell’Ufficio Diocesano del Centro Sportivo Italiano di Oristano, cui seguirono tredici anni di segretariato nella Tharros in contemporanea con lo svolgimento dell’attività arbitrale presso la FIGC.
Nel 1951, partecipa come socio e dirigente, alla fondazione della Società Polisportiva “Othoca” di Oristano, sorta col fine precipuo di contrastare l’egemonia e la politica attuata in quell’anno della Polisportiva Tharros, il cui presidente aveva deliberatamente rinunciato all’iscrizione nel campionato di competenza, iscrivendo la squadra nella Seconda divisione e svincolando in tal modo, d’autorità, diversi giocatori. A fine campionato, tuttavia, è proprio Perdisci a caldeggiare e favorire la fusione tra le due società, Tharros e Othoca, ripristinando i diritti della società biancorossa, con il ritorno nella Prima divisione e la riconsegna dell’attrezzatura sportiva e di tutti i giocatori a suo tempo svincolati.
Nel campionato 1953-54 presta la sua collaborazione ancora alla Tharros, occupandosi della seconda squadra. Successivamente, rientra al Centro Sportivo Italiano dove è nominato Presidente della Commissione Tecnica Calcio e, fino al 1962, Direttore Tecnico Zonale.
Dal 1974 inizia a ricoprire la carica di Segretario Zonale e Provinciale del C.S.I., che avrebbe continuato successivamente a svolgere per tutta la vita.
Ma il suo grande attivismo lo porta, nel frattempo, a ricoprire incarichi e a svolgere attività e funzioni collaterali. Tra il 1967 e il 1969, infatti, fa parte del Collegio dei Probiviri della Polisportiva Tharros mentre, nel 1971, ritroviamo il suo nome tra quelli dei fondatori della Società federale di Atletica Leggera “C.S.I. Oristano” (successivamente denominata Società Atletica Oristano) nella quale è chiamato a ricoprire anche il ruolo di Direttore Tecnico nel 1972.
La sua passione per lo sport lo avvicina anche alla pallavolo con l’assunzione dell’incarico di Segretario della Società Federale di Pallavolo Femminile «C.S.I. Oristano»; quella che successivamente sarebbe stata denominata «Pallavolo SMAL».
Due anni in qualità di Direttore Tecnico regionale del Centro Sportivo Italiano (1973 e 1974), fanno poi da preludio ad una nuova collaborazione quinquennale con la Tharros, dal 1978 al 1992. La sua fervida attività dirigenziale sportiva e la sua grande esperienza amministrativa gli valsero importanti riconoscimenti. Da segnalare, tra questi, il Discobolo d’Oro del C.S.I. ricevuto nel 1995 e il conferimento, da parte del C.O.N.I., della Stella d’Argento al Merito Sportivo nel 1977.
Si spegne nel 2007 all’età di 83 anni.
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Luigi Perdixi
Anche lui oristanese da tante generazioni, nato il 19 giugno 1927, fratello minore del notissimo Giorgio, già da ragazzino impara l’arte del calzolaio che gli viene tramandata dal rigido padre, Maestro Peppino, e che proseguirà, fino ai primi anni ’60, nella famosa bottega di Via Vittorio Emanuele.
Grande amante del calcio, inizia la sua carriera nel 1945, ricoprendo il ruolo di ala destra nella U.S. Ardita per proseguire con la S.S. Othoca dal 1948.
Ma la sua dura professione da artigiano e l’attività calcistica non gli impediscono di coltivare un altro hobby: suonare la tromba. Passione che coltiva in varie formazioni musicali del periodo.
Dal punto di vista professionale, la prima metà degli anni ’60 segna una svolta importante e positiva nella sua vita, quando l’arte del calzolaio lascia il posto gradualmente all’attività commerciale. I primi palloni e scarpette da calcio appaiono agli occhi degli oristanesi quasi come rarità nella piccola vetrina del negozio.
Un ricordo indelebile che si legge negli occhi del figlio Peppe, il quale prosegue tuttora nello svolgimento dell’attività paterna. “Ricordo ancora i venerdì precedenti le domeniche in cui si giocava: io, allora bambino di 9-10 anni, lo fissavo mentre, stanco, con le mani rosse e quasi gonfie, sostituiva i tacchetti alle scarpe di tutti i giocatori della Tharros che venivano portate dentro un grande sacco dal solito dirigente disponibile e volenteroso. Ogni paio”, prosegue Peppe Perdixi, “ doveva essere perfetto e pronto per la gara e, man mano che gli scorrevano davanti i cartellini con il nome dei giocatori, sentivo i commenti che mio padre era solito fare con qualche amico tifoso; qualche battuta nella speranza che tutta quella fatica contribuisse alla vittoria dei biancorossi”. Erano gli anni dei tacchetti in cuoio con i quattro chiodi, dei palloni in pelle che era necessario scucire e riparare quando si bucavano. «È stata una grande soddisfazione aver imparato da lui tutto ciò – conclude Peppe – anche se ora sembra quasi di parlare di un’epoca immaginaria».
Dal 1972 in poi, la sua passione sportiva lo porta a ricoprire la carica di dirigente e di segretario della S.S. Don Bosco. Erano, quelli, gli anni d’oro dell’attività dilettantistica della società allenata dal famoso “Pallitta”, della quale lo stesso Peppe Perdixi faceva parte, e che conquista il titolo nazionale allievi del C.S.I. nel 1975, in quel di Jesi.
Luigi Perdixi si spegne il 15 febbraio 1999 dopo una vita dedicata con grande passione ed abnegazione al lavoro e allo sport. Di lui si ricorda l’espressione severa, attraverso la quale era difficile intravedere un sorriso, ma sotto la quale albergava sempre un buon consiglio, quasi agli fosse un padre, un sicuro punto di riferimento. Sempre pronto a dispensare un prezioso suggerimento sull’articolo da acquistare e altrettanto disponibile, da buon artigiano qual’era, ad accordarti la racchetta, usata magari in modo maldestro, o a riempirti di gioia semplicemente per aver gonfiato il tuo pallone quando, ragazzino, non vedevi l’ora di correre insieme ai tuoi amici nel primo campetto improvvisato.
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