Mountain Bike

Terme Montana · Fordongianus 2014

Direttamente da racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras

Fordongianus ha una storia antica e suggestiva scritta sulla trachite con cui sono state costruite le sue case e i suoi monumenti. Sorto sulla sponda sinistra del Tirso, impreziosito dalla celebre vena di acqua calda (circa 50° gradi) che alimentava l’importante edificio termale edificato dai romani, snodo di traffici e avamposto militare in epoca pre-giudicale, ricco di testimonianze del passato (la casa aragonese, l’area archeologica, la chiesa di San Lussorio), il centro del Barigadu oggi è stato il punto di ritrovo per i partecipanti all’escursione perfettamente organizzata dagli amici della Kayak Fordongianus.

Terme Montana UNO

Terme Montana DUE

Terme Montana TRE

Il percorso è stato a tratti duro, ma mi ha offerto (nonostante la foschia) panorami spettacolari sulla valle del Tirso, sulle Barbagie e il Mandrolisai visti a 360° dal Grighine (il punto più alto del giro, a circa 600 metri slm, in prossimità della sorgente di Pedru Maggiu) e l’opportunità di esplorare un’altro pezzetto di territorio a me sconosciuto.

Terme Montana QUATTRO

Terme Montana CINQUE

Terme Montana SEI

No, non potevo davvero mancare a questo evento per rivedere vecchi amici e pedalare con loro, per conoscerne di nuovi, per condividere tutti assieme la sensazione di libertà che la mountain bike riesce a farci vivere, immersi in un contesto ambientale unico, al quale non facciamo spesso più caso e a cui dovremo rispetto.

Terme Montana SETTE

Terme Montana OTTO

È stato bello, infine, vedere tanti bambini che hanno preso parte all’escursione, vederli coinvolti, pedalare con impegno e lasciarsi contagiare dal loro entusiasmo.

Terme Montana NOVE

Terme Montana DIECI

Grazie di tutto amici di Fordongianus, grazie per il vostro impegno e per la cordialità e l’ospitalità con ci avete accolti.

Terme Montana UNDICI

Attrus annus mellus.

Fordongianus, 12.10.2014.

 

(Le foto sono di Tonino Pitzalis e Paolo Marras)

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Molentargius e Sella del Diavolo · Cagliari 2014

Direttamente dal racconto del protagonista, Paolo Marras

Alcune foto di un’escursione in una Cagliari inconsueta; quella di Molentargius, un luogo senza tempo circondato dalla modernità. Percorrere le sterrate tracciate al suo interno permette di avventurarsi tra storia e natura osservando alternativamente l’avifauna presente e vecchi caseggiati pertinenti a quella che fu per millenni l’attività esclusiva di questi luoghi: la produzione di sale.

Oggi invece questa è un’area protetta dove si può trascorrere un’ora di vacanza dagli impegni quotidiani pedalando tra canali e specchi d’acqua (dolce e salata: ci sono entrambe), seguendo con gli occhi l’inconfondibile profilo della Sella del Diavolo.

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Dopo aver abbandonato la rassicurante piatta di Molentargius, raggiungiamo Calamosca (in quanti hanno fatto lì la visita di leva?) e seguiamo la stradina “asfaltata” fino all’imbocco del sentiero che porta alla “Sella”. L’ascesa è gradevolmente tecnica e sul sentiero si alternano tratti in single track tra la macchia mediterranea e altri in cui le difficoltà sono più marcate: gradini di roccia e brevi strappi con pendenze rispettabili: in discesa ci sarà da divertirsi.

Giunti in vetta, ci affacciamo sul belvedere naturale abbracciando con uno sguardo d’insieme il porticciolo di Marina Piccola, il Poetto, Molentargius, Monte Urpinu… poco più in là i ruderi della torre spagnola, della postazione antiaerea della II guerra mondiale e emergenze archeologiche puniche e romane.

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Masua · Nebida 22 giugno 2014

Direttamente dal racconto del protagonista, Paolo Marras

…e pensare che l’escursione era decisamente partita male per me, con un incidente meccanico che mi ha costretto a restare notevolmente attardato fin dai primi chilometri su asfalto e a proseguire in solitaria per la maggior parte dell’itinerario compreso il mare e i monti tra Masua e Nebida, in provincia di Carbonia-Iglesias.

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Grazie alla traccia GPS, alle indicazioni lasciate lungo il percorso dagli organizzatori e alle tracce lasciate sul terreno dagli escursionisti che mi hanno preceduto ho così potuto godermi i fantastici scenari di questo angolo di Sulcis sospeso tra mare e miniere.

Masua CINQUE

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Masua SETTE

Sul finire della “mia” escursione ho ritrovato il gruppo con il quale ho condiviso gli ultimi adrenalinici chilometri lungo ripide discese e scoscesi single track a picco sul mare sui quali spendere le ultime energie prima di tornare al punto di partenza e concedersi un tuffo rigenerante nel mare che si specchia di fronte al celebre Pan di Zucchero.

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L’insolito lunedì nel Sulcis · 2014

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras.

Ci sono luoghi, in Sardegna, che raccontano storie che non hanno bisogno di libri o di parole, ma solo di qualcuno che ascolti.

Così, in questo insolito primo lunedì di giugno mi dirigo a sud, verso una terra che di queste vecchie storie ne conosce tante quante sono le cicatrici che ne segnano la superficie, storie di uomini e donne come quelli che nel ‘39 si stabilirono a Cortoghiana, fondata per dare una casa ai minatori impegnati nella omonima miniera poco distante: da qui parte la mia escursione nel Sulcis che non conosco.

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Si comincia con una salita dolce in asfalto verso lo sterrato, dove la pendenza si accentua. Io non ho fretta, lascio passare il gruppo dei più veloci e vado su con il ritmo giusto per godermi ogni chilometro di salita attraverso la macchia mediterranea e fermarmi un attimo ad ammirare gli scenari disegnati da una natura generosa.

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Tratti tecnici e single tracks si alternano a lunghe sterrate, alcune pinete offrono attimi d’ombra e nascondono ciò che resta di antichi caseggiati minerari come quelli di monte Onixeddu, tra Gonnesa e Bacu Abis, silenziose testimonianze di un passato non troppo lontano, spazi rubati alla terra madre che gli alberi restituiscono alle origini.

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Lungo le antiche vie percorse da minatori di ogni epoca si sale fino a raggiungere di miniera di San Giorgio, in località “sa sedda de is fossas”, dove sorge uno dei fabbricati più singolari del Sulcis, noto con il nome di “sa macchina beccia”.

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Dopo una lunga e gradevole discesa mi appare di fronte la nota miniera Monteponi, praticamente alla periferia di Iglesias; poco distante scorre la cosiddetta “iglesiente” che costeggio per qualche chilometro prima di attaccare una lunga salita che mi riporterà a “sa macchina beccia” e da qui al punto di partenza; lungo il percorso mi soffermo a dedicare un ultimo scatto fotografico alla miniera di Sedda Moddizzis, quindi proseguo assecondando la discesa verso Cortoghiana.

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Ci sono luoghi in Sardegna, che raccontano storie che non hanno bisogno di libri o di parole: in questo insolito lunedì di giugno io ero lì per ascoltarle.

 

Un doveroso ringraziamento va agli amici della Cortoghiana Bike e a tutti coloro che li hanno supportati nell’organizzare questa bella giornata all’aria aperta, una pacifica e allegra invasione di 300 e più persone che hanno risposto all’invito di una pedalata in compagnia.

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Cortoghiana, lunedì 2 giugno 2014

 

Le due foto della partenza sono di Ornella Masala. La foto dello striscione è di Antonio Era.

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L’isola proibita · 2010

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras.

 

Dall’album dei ricordi, il resoconto di un’escursione all’Asinara.

L’isola proibita.

Guardo dal finestrino gli spruzzi sollevati dall’imbarcazione sulla quale attraverso il breve tratto di mare che mi separa dall’isola; il maestrale non da tregua, ma la Madre Terra ci protegge con il suo corpo così la traversata procede tranquillamente fino al momento dello sbarco, presso lo scalo di Fornelli.

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Mi viene spontaneo pensare a quanti uomini e donne prima di me hanno compiuto quel tragitto, a cominciare dalle famiglie che vennero “allontanate” dalle loro case e costrette a stabilirsi sull’isola madre, fondando il paese dal quale siamo partiti, Stintino; o agli uomini che cercavano un riscatto sociale impegnandosi nei lavori agricoli di quella che, dopo lo sgombero era diventata una colonia penale; o a quei prigionieri di guerra austro-ungarici finiti così lontano dalla loro terra d’origine. Del loro passaggio sono rimaste come testimonianza la cappella che eressero per devozione, e le ossa di coloro che, a casa, non ci sono mai tornati, ben ordinate all’interno di alcune nicchie ricavate sulle pareti del sacrario a loro dedicato.

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E infine non possono essere dimenticati tutti coloro che, per un motivo o per l’altro, hanno soggiornato in quegli edifici dipinti di bianco, coloro che sono saliti agli onori della cronaca, da Matteo Boe (uno dei due detenuti riusciti ad evadere dal supercarcere) a Falcone e Borsellino che qui prepararono il famoso maxiprocesso (pagando allo stato le spese del loro mantenimento, quasi fossero in vacanza), da Totò Riina, ai brigatisti che vi furono rinchiusi durante i cosiddetti anni di piombo.

L’Asinara è un concentrato dell’isola di cui è figlia, gli stessi paesaggi tormentati dal vento, la stessa natura selvaggia, il suo mare capace di creare scenari da cartolina da un lato e di infrangersi sulle rocce con forza sospinto dal maestrale dall’altro, il granito delle sue rocce, puoi percorrerla e percepirne i silenzi fino ad assimilarne l’essenza, fin quasi a diventarne parte.

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Nel silenzio senza tempo di un’assolata domenica pomeriggio percorro le stradine lastricate di Cala d’Oliva, salgo lungo il pendio che mi porta all’edificio dove ha sede il triste show degli operai che combattono per il posto di lavoro, e infine mi lancio giù verso la discesa, verso il mare cristallino di Cala Sabina, dove l’estate è la stagione e dove ritorno per un attimo alla mia dimensione assieme ai tanti gitanti che, come me, stanno visitando l’isola.

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C’è ancora tempo per una pausa e qualche foto ricordo prima di pedalare verso Fornelli per l’imbarco.

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Abbandono quella terra antica portandomi dentro sensazioni contrastanti, il sollievao di aver lasciato dietro di me il dolore delle vite spezzate di cui è intrisa l’isola e il piacere che ben conosco e che riempie la mia anima dopo ogni escursione, le immagini delle sbarre alle finestre e della fuga di una famiglia di cinghiali, il volo di una pernice che mi rammenta che, comunque, ero io il predatore, l’invasore di un territorio che non apparterrà mai all’uomo.

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Ci tornerò, richiamato dal fascino discreto di un’isola proibita, e ne esplorerò quella parte che oggi non ho potuto vedere; ci tornerò per nutrire di sensazioni la mia anima.

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L’Asinara, domenica 26 settembre 2010

Con Filippo Scanu, Filippo Porcu, Gavino e Antonello Pintus, Giovanni Canalis, Roberto Piga, Gigi Fadda. Nel gruppo erano presenti anche due ragazzi di cui non ricordo i nomi. Le foto sono di Giovanni Canalis e Gigi Fadda.

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Il viaggio nel tempo · 2014

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras.

Il viaggio nel tempo è uno dei soggetti che più ha ispirato artisti, basti pensare a H.G. Wells e al suo romanzo “La macchina del tempo”, edito nel 1895 e che successivamente ha ispirato diversi film o alla trilogia di “Ritorno al futuro”, e scienziati che ipotizzano varie teorie e paradossi che potrebbero verificarsi qualora il viaggio nel tempo divenisse realtà.

Qualche giorno fa un gruppo di scenziati sardi, provenienti da diverse realtà dell’isola, ha condotto un interessante esperimento in proposito, interrotto a causa di avverse condizioni metereologiche e difficoltà tecniche irrisolvibili all’età della pietra. Gli undici temerari, indossati adeguati indumenti protettivi e con una buona scorta di viveri e bevande, sono balzati in sella alle loro strane “macchine del tempo” a due ruote e azionate da un complesso sistema di corone, pignoni e catene, hanno abbandonato la civiltà avventurandosi lungo strade sterrate e lastricati di pietra sui quali si individuavano tracce del passaggio di carri finendo ben presto a confrontarsi con le prime vestigia del passato.

Il viaggio nel tempo · 2014 UNO

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Il viaggio nel tempo · 2014 DUE

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Altre mirabolanti scoperte attendevano gli scenziati quando, dopo aver esaminato il terreno, hanno ripreso il cammino su strade ormai dimenticate per poi scalare un colle sulla cui sommità si scorgeva una strana torre in pietra semi nascosta da alberi e arbusti.

Il viaggio nel tempo · 2014 QUATTRO 

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Il viaggio nel tempo · 2014 CINQUE

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La lunga discesa ha portato gli undici avventurosi ad effettuare diverse scoperte riguardanti i culti religiosi delle antiche popolazioni locali che hanno innalzato curiose pietre verso il cielo e inciso la roccia per esprimere il misticismo di cui riempivano la loro esistenza e con cui onoravano i loro defunti.

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Il viaggio nel tempo · 2014 OTTO

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Il viaggio nel tempo · 2014 NOVE

La corsa nel tempo è proseguita su strade colorate dalla primavera e lungo la quale si incontravano monumenti e grotte funerarie, ma intanto il cielo, per effetto di uno dei paradossi temporali di cui sopra si incupiva e iniziava a gocciolare, dapprima in maniera leggera poi sempre più forte provocando un incidente tecnico che ha costretto gli studiosi ad abbandonare anzitempo l’impresa, non prima di aver documentato con altre immagini le proprie scoperte.

Il viaggio nel tempo · 2014 DIECI

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Il viaggio nel tempo · 2014 UNDICI

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Il viaggio nel tempo · 2014 TREDICI

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Il viaggio nel tempo · 2014 QUATTORDICI

Di seguito si elencano i nominativi degli 11 scienziati che hanno condotto l’esperimento:

Alessandro Pilia (coordinatore del progetto), Salvatore Serra (membro anziano del gruppo), i fratelli Orazio e Ovidio Murru (esperti in biomeccanica), Gianni Mureddu (preparatore atletico), Corrado Fenu e Beppe Carta (esperti archeologici) Cinzia Olias e Paola Mereu (esperte in botanica), Antonio Murgia (specialista in cinghiali), e Paolo Marras (portavoce scientifico).

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Badde Salighes · Bolotana 2014

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras.

“La nebbia che respiro si dirada perché davanti a me” appare Villa Piercy in tutta la sua maestà: progettata e costruita da Benjamin Piercy, un ingegnere gallese incaricato di seguire i lavori della costruzione della ferrovia, insieme al parco nel quale si trovano specie tipicamente mediterranee e essenze esotiche. Oggi è questo il punto di partenza per l’escursione che ci condurrà alla scoperta di nuovi e meravigliosi scenari lungo i sentieri del Marghine e del Meilogu.

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“Ma che colore ha una giornata uggiosa” lo scopriamo attraversando il bosco di Ortachis. Una pedalata tira l’altra mentre accanto a noi “il fiume va; guardo più in là”, perché lo scorrere lento e incessante della corrente prelude a un’altra sorpresa: la cascata di Mularza Noa.

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“Quel gran genio del mio amico” SuperAle e SuMele, la nostra guida, decidono di improvvisare e ci conducono attraverso “boschi abbandonati e perciò sopravvissuti vergini” fino ai piedi del colle su cui sorge il nuraghe Tittirriola. “Pietre, un giorno case, ricoperte” dalla vegetazione spontanea conservano ancora i segni della maestria dei padri costruttori, le nicchie perfettamente orientate e la magnifica tholos hanno attraversato i secoli e sono ancora qui a porci delle domande a cui ancora non sappiamo rispondere con precisione.

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“E respirando brezze che dilagano su terre senza limiti e confini” ci lanciamo in discesa verso la piana di Santa Lucia, ma prima è doverosa una sosta nel sito di Sa Pala Larga dove si trovano, colpevolmente dimenticate, le domus de janas affrescate e adornate da spirali, coperte malamente da cemento e teloni che non proteggono più le grotte dalle intemperie e di questo ne abbiamo dato testimonianza tramite gli amici di Nurnet. Va decisamente meglio nel sito successivo, a S. Andrea Priu: qui le grotticelle sono riparate e valorizzate. Il sito è chiuso, ma accessibile ad esclusione della cosiddetta Tomba del Capo, giustamente preservata per le sue peculiarità. Sulla sommità della parete rocciosa svetta ancora il Toro, animale simbolo della fertilità maschile.

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Dopo “le discese ardite e le risalite” giungiamo alla frazione di Rebeccu e la visitiamo pedalando “con un ritmo fluente di vita nel cuore” lungo le stradine lastricate. Da qui comincia il lungo viaggio di ritorno, ma prima di lasciare questi luoghi facciamo una sosta presso la fonte sacra di Lumarzu, un piccolo gioiello incastonato tra gli alberi e la terra e dal quale, sgorga da millenni, “acqua azzurra, acqua chiara”.

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Il tempo è tiranno e la salita è dura, comincio ad avvertire la stanchezza di una giornata spesa ad inseguire la “sensazione di leggera follia” che “sta colorando l’anima mia” e di tutti noi tra grandine, vento, vecchie pietre e un meraviglioso arcobaleno con il quale “il sole va a dormire”, ma con il pensiero “torno già a volare” sulle “distese azzurre e le verdi terre”.

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Con “Super” Alessandro, Antonio “Su Mele”, “Nonno” Tore, Gianni “Blogbar”, Giovanni “Trattore”, Gian Mario “Lupo di mare” e Roberto “il Selvaggio”, Alessandro “Freewheel”, cussu “Disgraziau” di Mario, Ignazio “Teschio” e Livio “Capelli d’argento”.

Badde Salighes, 23 marzo 2014

 

Appendice.

Talvolta l’ispirazione arriva nella maniera più impensata. Lunedì, mentre guidavo, mi sono ricordato del primo verso di una canzone di Lucio Battisti. Per uno strano parallelismo l’ho immediatamente associato a Villa Piercy. Sul filo della memoria ho proseguito con versi di altre canzoni di Battisti ed è venuto fuori questo resoconto che dedico ai miei compagni d’avventura.

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Nel Guilcer · dicembre 2013

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras.

 

L’idea è semplice, ma intrigante: esplorare nuove strade per riscoprire posti magari già visti, aggiungerne di nuovi, ma sopratutto stare in compagnia e condividere una bella giornata all’aria aperta.

E poi l’occasione è ghiotta: sono i giorni del solstizio invernale, quelli ideali per osservare un fenomeno che offre una ulteriore chiave di lettura sulla funzione dei nuraghi.

Nel Guilcier · dicembre 2013 UNO

Siamo in otto attorno al bellissimo nuraghe Zuras, in territorio di Abbasanta; entrando ci disponiamo lungo le pareti del monumento e fissiamo la parete opposta all’ingresso. È là che il sole, penetrando dalle cosiddette “finestrelle di scarico”, proietta delle immagini luminose che assomigliano a una testa taurina e a un ascia bipenne; chissà, forse è solo la suggestione di aver assistito a un antico rito pagano, ma ci sentiamo pieni di energia e pronti a incominciare l’escursione.

Nel Guilcier · dicembre 2013 DUE

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Nel Guilcier · dicembre 2013 TRE

Dal piazzale del nuraghe ci dirigiamo verso sud-sud-ovest guadando il torrente su un improbabile ponte. Il nostro primo obiettivo è il nuraghe Cogotti, aggredito dagli olivastri, ma ancora solido e piacevole da vedere. 

Nel Guilcier · dicembre 2013 QUATTRO

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Nel Guilcier · dicembre 2013 CINQUE 

Dopo la visita e le foto di rito riprendiamo a pedalare e raggiungiamo le sorgenti del Rio Bobolica, le superiamo e ci fermiamo per una breve pausa nel parco della borgata di Sant’Agostino, quindi ci dirigiamo verso il prossimo obiettivo: il nuraghe Perda Crappida, o meglio, ciò che ne resta: una pietra lavorata con dei segni incisi e un rivolo d’acqua che fanno pensare più a un pozzo sacro che a un nuraghe: materiale di studio per gli Indiana Jones della nostra regione.

Nel Guilcier · dicembre 2013 SEI

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Nel Guilcier · dicembre 2013 SETTE 

Ci dirigiamo a nord-nord-ovest, guadiamo il Rio San Leonardo quindi affrontiamo un’antica carrareccia in molti punti bella e gradevole con la sua pavimentazione in pietra ben conservata e percorribile in bicicletta, in altri impraticabile; queste difficoltà erano messe in conto: ci si mette la mountain bike in spalla e via, a piedi! Tutta questa fatica ci conduce alle sorgenti di Bonorchis dove ci concediamo il meritato riposo e un pranzo semplice, ma sostanzioso: panini, frutta e torroncini di Tonara come dolce. Rifocillati, ricominciamo a pedalare verso la nostra prossima e penultima sosta: il novenario di Sant’Ignazio, in agro di Norbello; una breve sosta e via nuovamente in sella verso l’ultima tappa della nostra uscita: il nuraghe Aiga.

Nel Guilcier · dicembre 2013 OTTO

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Nel Guilcier · dicembre 2013 NOVE

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Nel Guilcier · dicembre 2013 DIECI

Oggi il monumento appare poco leggibile per via dei crolli che si sono susseguiti nel corso dei secoli, ma dall’alto della torre centrale si distinguono con sufficiente chiarezza tre o quattro torri che ne fanno intuire la passata grandezza. Poco o nulla è rimasto invece del villaggio che (si ipotizza) sorgesse nei pressi.

 Nel Guilcier · dicembre 2013 UNDICI

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Nel Guilcier · dicembre 2013 DODICI

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Nel Guilcier · dicembre 2013 TREDICI

Il tramonto è ormai vicino quando rientriamo alle auto parcheggiate attorno al nuraghe Zuras. Siamo stanchi, ma sicuramente appagati da questa bella giornata vissuta all’aria aperta, tra storia, chiacchiere e pedalate; resta il tempo per mangiarsi una fetta di panettone e un bicchiere di vino di casa.

È difficile smaltire l’adrenalina di questa giornata: i ricordi, le immagini, le parole rimangono a lungo nella mente. E riguardare le fotografie rende ancora più acuta la sensazione di aver vissuto una giornata per certi versi irripetibile.

Nel Guilcier · dicembre 2013 QUATTORDICI

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Nel Guilcier · dicembre 2013 QUINDICI

Sicuramente però la prossima sarà ancora migliore. Con Alessandro, Tore, Livio, Rino, Giovanni, Gianni e Mario (22 dicembre 2013).

 

Le foto sono di Alessandro Pilia

 

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L’altra Giara · dicembre 2013

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras.

 

L’altra Giara.

A Siddi c’è una Giara che pochi conoscono, una Giara dai contorni sinuosi, tra  Campidano e Marmilla, una terra di mirto, di cisto e lentisco e di vento che arriva da ovest.

A Siddi c’è una Giara che non ha cavallini, ma testimonianze preziose di un passato lontano e nomi che fanno paura (la casa dell’orco), altri che richiamano le pietre (focaie) presenti in gran numero, altri ancora che suscitano un fascino esotico (la corona rossa).

A Siddi c’è una Giara sospesa tra passato e futuro, come spesso accade in Sardegna, avvolta nel silenzio e nell’indifferenza e che invece ha tanto da offrire per gli occhi di chi sa guardare.

Con: Alessandro, Giovanni, Mario, Tore, Gianluca, Roberto e Ignazio. (8 dicembre 2013)

 

Le foto sono di: Alessandro Pilia, Tore Serra, Giovanni Ricci, Ignazio Pala.

 

L'altra Giara · dicembre 2013 UNO

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L'altra Giara · dicembre 2013 DUE

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L'altra Giara · dicembre 2013 TRE

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L'altra Giara · dicembre 2013 QUATTRO

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L'altra Giara · dicembre 2013 CINQUE

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L'altra Giara · dicembre 2013 SEI

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L'altra Giara · dicembre 2013 SETTE

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L'altra Giara · dicembre 2013 OTTO

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L'altra Giara · dicembre 2013 NOVE

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L'altra Giara · dicembre 2013 DIECI

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L'altra Giara · dicembre 2013 UNDICI

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L'altra Giara · dicembre 2013 DODICI

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L'altra Giara · dicembre 2013 TREDICI

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L'altra Giara · dicembre 2013 QUATTORDICI

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L'altra Giara · dicembre 2013 QUINDICI

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L'altra Giara · dicembre 2013 SEDICI

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L'altra Giara · dicembre 2013 DICIASETTE

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L'altra Giara · dicembre 2013 DICIOTTO

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Gavoi e la Mountain Bike · 2013

Terra di granito e di castagni, terra di funghi. Terra di fatica, di salite, di muri a secco, terra di silenzi, terra che il vento accarezza quando parla con l’uomo. Terra di boschi antichi, di ombre, di ancestrali segreti.
Terra che è madre.
Terra ospitale, di sorrisi sinceri, di parole essenziali, mai banali. Terra di amici che non ne hai mai abbastanza, terra che te ne sei appena andato e hai voglia di tornarci domani.

Testo di Paolo Marras • foto di Paolo Mura e di Enrico Lai.

Gavoi - ottobre 2013 UNO

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Gavoi - ottobre 2013 DUE

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Gavoi - ottobre 2013 TRE

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Gavoi - ottobre 2013 QUATTRO

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Gavoi - ottobre 2013 CINQUE

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Gavoi - ottobre 2013 SEI

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Gavoi - ottobre 2013 SETTE

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Gavoi - ottobre 2013 OTTO

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Gavoi - ottobre 2013 NOVE

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Gavoi - ottobre 2013 DIECI

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Gavoi - ottobre 2013 UNDICI

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