Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras.
L’idea è semplice, ma intrigante: esplorare nuove strade per riscoprire posti magari già visti, aggiungerne di nuovi, ma sopratutto stare in compagnia e condividere una bella giornata all’aria aperta.
E poi l’occasione è ghiotta: sono i giorni del solstizio invernale, quelli ideali per osservare un fenomeno che offre una ulteriore chiave di lettura sulla funzione dei nuraghi.
Siamo in otto attorno al bellissimo nuraghe Zuras, in territorio di Abbasanta; entrando ci disponiamo lungo le pareti del monumento e fissiamo la parete opposta all’ingresso. È là che il sole, penetrando dalle cosiddette “finestrelle di scarico”, proietta delle immagini luminose che assomigliano a una testa taurina e a un ascia bipenne; chissà, forse è solo la suggestione di aver assistito a un antico rito pagano, ma ci sentiamo pieni di energia e pronti a incominciare l’escursione.
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Dal piazzale del nuraghe ci dirigiamo verso sud-sud-ovest guadando il torrente su un improbabile ponte. Il nostro primo obiettivo è il nuraghe Cogotti, aggredito dagli olivastri, ma ancora solido e piacevole da vedere.
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Dopo la visita e le foto di rito riprendiamo a pedalare e raggiungiamo le sorgenti del Rio Bobolica, le superiamo e ci fermiamo per una breve pausa nel parco della borgata di Sant’Agostino, quindi ci dirigiamo verso il prossimo obiettivo: il nuraghe Perda Crappida, o meglio, ciò che ne resta: una pietra lavorata con dei segni incisi e un rivolo d’acqua che fanno pensare più a un pozzo sacro che a un nuraghe: materiale di studio per gli Indiana Jones della nostra regione.
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Ci dirigiamo a nord-nord-ovest, guadiamo il Rio San Leonardo quindi affrontiamo un’antica carrareccia in molti punti bella e gradevole con la sua pavimentazione in pietra ben conservata e percorribile in bicicletta, in altri impraticabile; queste difficoltà erano messe in conto: ci si mette la mountain bike in spalla e via, a piedi! Tutta questa fatica ci conduce alle sorgenti di Bonorchis dove ci concediamo il meritato riposo e un pranzo semplice, ma sostanzioso: panini, frutta e torroncini di Tonara come dolce. Rifocillati, ricominciamo a pedalare verso la nostra prossima e penultima sosta: il novenario di Sant’Ignazio, in agro di Norbello; una breve sosta e via nuovamente in sella verso l’ultima tappa della nostra uscita: il nuraghe Aiga.
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Oggi il monumento appare poco leggibile per via dei crolli che si sono susseguiti nel corso dei secoli, ma dall’alto della torre centrale si distinguono con sufficiente chiarezza tre o quattro torri che ne fanno intuire la passata grandezza. Poco o nulla è rimasto invece del villaggio che (si ipotizza) sorgesse nei pressi.
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Il tramonto è ormai vicino quando rientriamo alle auto parcheggiate attorno al nuraghe Zuras. Siamo stanchi, ma sicuramente appagati da questa bella giornata vissuta all’aria aperta, tra storia, chiacchiere e pedalate; resta il tempo per mangiarsi una fetta di panettone e un bicchiere di vino di casa.
È difficile smaltire l’adrenalina di questa giornata: i ricordi, le immagini, le parole rimangono a lungo nella mente. E riguardare le fotografie rende ancora più acuta la sensazione di aver vissuto una giornata per certi versi irripetibile.
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Sicuramente però la prossima sarà ancora migliore. Con Alessandro, Tore, Livio, Rino, Giovanni, Gianni e Mario (22 dicembre 2013).
Le foto sono di Alessandro Pilia