Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras
Il Marghine è una delle subregioni in cui viene suddivisa la Sardegna ed è qui che sono diretto oggi per un’archeo escursione in compagnia dell’amico Massimocon il quale condivido la passione per le pedalate senza fretta, per i siti archeologici poco reclamizzati e per la buona musica.
Partiamo dal suo paese, Silanus, di buon mattino, percorrendo l’asfalto della ex S.S. 129 diretti a ovest, verso Bortigali, ma già dopo pochi chilometri Massimo miindica un’emergenza basaltica alla nostra destra: qua, a breve distanza dal corso del Rio Ordari, ben mimetizzata tra il chiaro/scuro del basalto e le ombre di un sole ancora incerto, si trova la domus de janas di Ordari; ci fermiamo per le fotografie di rito e, nella circostanza, scopro che il modesto corso d’acqua rappresenta il confine tra i territori comunali di Silanus e Bortigali (oltre ad essere stato, in tempi passati, la meta delle donne del paese che andavano a lavare i panni). Su questo sito sorgeva, nel XIX secolo, un mulino (oggi distrutto) dentro il quale avvenne un gravissimo fatto di sangue ricostruito da uno studioso silanese.
Superate le case di Bortigali effettuiamo una breve digressione verso destra dove sorge il mulino ad acqua e la fontana Burgusada, segnalata da apposito cartello. Esistono anche i ruderi del primitivo mulino, ormai inglobati dalla vegetazione, tanto da passare quasi inosservati se non ci si butta l’occhio.
Una veloce discesa su una stradina secondaria ci porta in territorio di Birori, superiamo la linea ferroviaria per Nuoro e ci troviamo di fronte ai resti del Nuraghe Miuddu, un altro di quei gioielli che meriterebbe indagini accurate per una valorizzazione e notorietà. Per fortuna l’erba è stata sfalciata e questo ci consente di poter aggirare il monumento e renderci conto della sua complessità e dimensioni. Solo la vista dal satellite permette all’osservatore di abbracciare con lo sguardo l’ampiezza della costruzione.
Attraversiamo l’abitato di Birori fino alla tomba di giganti di Palatu che si trova alla periferia nord del paese, purtroppo semi sommersa dall’erba, quindi proseguiamo in discesa verso funtana maggiore dove effettuiamo una breve sosta per rifocillarci.
Riprendiamo la nostra escursione con una breve discesa, facciamo alcune foto alla tomba di giganti di Noazza (ce ne sono ben 3 in questa località) quindi proseguiamo verso sud, fotografiamo il dolmen di Sarbogadas, ci lasciamo sulla destra il nuraghe Sorolo e infine costeggiamo la ferrovia in direzione di Borore, passiamo di fianco ai ruderi dell’aeroporto della II guerra mondiale costruito dai tedeschi e infine giungiamo all’area archeologica di Duos Nuraghes. Purtroppo nemmeno qui l’erba è stata sfalciata pertanto risulta problematico avvicinarsi al monumento; tuttavia la nostra tenacia viene premiata e riusciamo, anche qui, a fare qualche buona fotografia.
Siamo in un’area ad alta densità nuragica: a circa due km dall’area appena visitata c’è una delle più belle tombe di giganti dell’isola, la cui stele monolitica è intatta e si eleva per circa 3 metri e mezzo sul piano di campagna: Imbertighe. La maestria di quegli antichi artigiani nel lavorare la pietra lascia stupiti e ammirati.
Siamo già sulla via del ritorno quando passiamo accanto al nuraghe Porcarzos, ancora parzialmente nascosto, ma sicuramente meritevole di indagini approfondite, attraversiamo il moderno ponte sul Rio Murtazzolu dedicando un attimo alle fotografie di quello antico, edificato più a nord e definito dai più come un ponte romano, quindi ci dirigiamo verso il Nuraghe Ponte, in agro di Dualchi, interessato recentemente da indagini archeologiche che hanno messo in luce diverse strutture attorno al monumento. La zona, nota con il toponimo di Pranu Ozzastru, presenta tanti punti di interesse (il nuraghe Frenugarzu, il nuraghe Bardalazzu, una tomba dei giganti e un piccolo pozzo nuragico). A testimonianza di una continuità d’uso del sito, a poche decine di metri dal nuraghe si possono osservare delle piccole urne cinerarie, risalenti verosimilmente ad epoca romana, scavate direttamente nella roccia basaltica.
Torniamo in territorio di Silanus per gli ultimi chilometri dell’escursione; prima di affrontare la risalita verso l’abitato ci fermiamo a visitare la tomba di giganti di Zanchia e quella di Zoddoro, quindi un’enigmatica pietra lavorata che in abito locale viene chiamata “s’abbasantera”, presumibilmente un pressoio forse pertinente a un antico abitato di cui si è persa la memoria; nella zona le emergenze archeologiche sono diverse (nuraghi e tombe di giganti, oltre alle due sopra citate).
Percorriamo l’asfalto che ci riporta in paese discutendo dell’escursione, pedalando senza fretta: la stanchezza comincia a farsi sentire e c’è voglia di riordinare le idee davanti a una birra fresca, di rivedere le foto e di chiacchere leggere, di parlare di prossime escursioni e di musica.
Sono in auto, ho appena imboccato la S.S. 129 con l’idea di rientrare velocemente a casa, ma … non si può restare indifferenti allo spettacolo dell’area di Santa Sabina: la chiesa medievale e il nuraghe offrono un colpo d’occhio unico, raccontano di culture e di fedi che si sovrappongono, un’unica, affascinante storia lunga almeno 4000 anni.
Le foto sono mie e di Massimo Galletti. La foto di Santa Sabina è parte dell’archivio personale di Massimo Galletti.