Direttamente dal racconto di Paolo Marras
Notturno, 29 maggio 2010.
È un’escursione diversa questa: la percepiamo tutti fin dalla partenza. La luce del tardo pomeriggio colora il Monte Arci e il timido sole che si affaccia ogni tanto tra le nuvole ci rassicura sulle condizioni del tempo; sono passate da poco le 18.00 quando partiamo, la pioggia del mattino è solo un ricordo sulle sterrate umide, un regalo che i funghi hanno gradito approfittando subito per spuntare numerosi ai margini del sentiero che si inerpica verso la sorgente di “Cuccuru ’e Ureu”.
L’odore del bosco riempie i nostri sensi, e le nostre voci ne spezzano il silenzio. Scambiamo qualche chiacchera con due motociclisti che scendono e proseguiamo l’arrampicata fino a scollinare a Mitza Brunca Venu. Da li vediamo i paesi dell’altro versante del Monte Arci e l’inconfondibile profilo della Giara caratterizzarne l’orizzonte. È l’occasione buona per tirare il fiato, per prendersi un po’ in giro (si sa mai che qualcuno ci scambi per bikers di quelli seri) e ricordare le precedenti escursioni verso “S’Acquafrida” o “Is Trebinas”.
L’ultimo pezzo è una discesa asfaltata di qualche chilometro verso il campeggio montano de “S’Ennisceddu”, in territorio del comune di Pau e verso la pizzeria dove ci fermeremo a cenare. Ci giungiamo poco prima delle 19.15, così ci prendiamo il tempo per un giretto di qualche chilometro attorno al campeggio con le immancabili foto di rito prima, durante e dopo l’arrivo.
C’è giusto il tempo di una telefonata per rassicurare i nostri familiari sul nostro stato di salute fisico e sulla nostra sanità mentale: “non serve che ci veniate a prendere in auto, torneremo in bici.”
E, volendo essere sinceri, si avverte quel certo languorino che, se trascurato diventa “famini”.
La sera è calata sul Monte sacro agli Oristanesi (e non solo); ci si prepara per la ripartenza coprendosi per bene e attrezzandosi per la notturna con lampadine di varie dimensioni, un’ultima occhiata d’intesa e, com’era logico attendersi, quasi si riesce a sbagliare strada.
Alla nostra destra i paesi che avevamo scorto all’andata sono piccoli insiemi di luci gialle che spariscono non appena ci addentriamo nel bosco; ci immergiamo nella sua oscurità, le nostre piccole luci danzano nel buio quasi fossero le “janas” della tradizione dell’isola, uscite dalle loro “domus” a guidarci lungo la discesa di circa 400 metri, a ispirarci la giusta miscela tra la prudenza e l’incoscienza, a riportarci fino ai mezzi parcheggiati ai piedi del Monte Arci. La concentrazione lascia spazio all’allegria e c’è il tempo per un ultimo bicchiere di birra, prima della doccia e del meritato riposo.
Eppure nonostante la stanchezza il sonno tarda a scendere, l’adrenalina è ancora in circolo e le sensazioni vissute sono immagini che tardano ad affievolirsi. Per fortuna domani è domenica, ci si riposerà e si starà in famiglia, ma il ricordo di questa incredibile esperienza rimarrà a lungo nei ricordi.

In piedi da sinistra
Paolo Marras, Ignazio Pala, Roberto Pippia, Giancarlo Satta, Mario Mascia, Alessio Pilloni, Antonio Ippolito
Accosciati da sinistra
Lello Cossu, Luca Ippolito